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Misure per la sostenibilità ambientale: cosa cambia con la riforma della PAC
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Agrimarcheuropa, n. 4, Settembre, 2014
Nel dibattito sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC), i beni e servizi ambientali hanno avuto un ruolo molto importante. Già nella comunicazione delle Commissione sugli obiettivi della PAC al 2020 (COM2010 672 definitivo), il ruolo della gestione sostenibile delle risorse e dell’azione per il clima era stato fortemente enfatizzato. Tale obiettivo veniva poi declinato in tre specifiche aree di intervento: garantire la fornitura dei beni pubblici, promuovere la crescita “verde” mediante l’innovazione e mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ad essi (Figura 1). Scopo di questo breve contributo è di presentare quali sono gli strumenti che sono messi a disposizione dalla nuova PAC per raggiungere tali obiettivi.
Figura 1 - Gli obiettivi della PAC 2014-2020
Il greening del primo pilastro
Il greening del primo pilastro (Reg. UE n.1307/2013) è lo strumento con cui la PAC persegue l’obiettivo di remunerare la produzione di beni pubblici assicurati dagli agricoltori, ovvero lo stoccaggio carbonio nel suolo, il mantenimento degli habitat erbosi presenti nel pascolo permanente, la protezione delle acque e degli habitat attraverso aree di interesse ecologico e il miglioramento della resilienza dei suoli e degli ecosistemi con la diversificazione delle colture. La logica è di sostenere e finanziare, attraverso requisiti obbligatori, pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente su scala europea, a cui viene legata l’erogazione di una parte (30%) del pagamento unico aziendale.
La misura rappresenta un’opportunità in termini di creazione e rafforzamento del legame tra agricoltura e società, favorendo la presa di coscienza da parte dei cittadini europei, sulla necessità di remunerare gli agricoltori per i costi sostenuti per la produzione di beni pubblici, di cui beneficia l’intera società e che non sono remunerati dal mercato. La sua introduzione ha costituito il presupposto fondamentale per mantenere un’adeguata dotazione finanziaria alla PAC nel bilancio dell’UE.
A essere interessati dal pagamento verde saranno soprattutto le aziende agricole professionali di media e grande dimensione che nel loro ordinamento produttivo prevedono colture a seminativi e prati permanenti.
L’Italia ha optato per la concessione del pagamento greening come percentuale del valore totale dei diritti all’aiuto attivati dall’agricoltore. Il pagamento ecologico sarà pertanto un pagamento ad ettaro diverso per ciascun agricoltore e risentirà della differenza del valore dei titoli storici attualmente in portafoglio. Nel tempo, attraverso il meccanismo della convergenza, cambierà anche l’importo del pagamento ecologico. Evidentemente, questo meccanismo di calcolo, crea non pochi dubbi circa l’equità dello strumento, in quanto agricoltori che affrontano gli stessi costi per adempiere ad un requisito, saranno compensati con importi diversi (Vanni, 2014).
Per aver diritto al pagamento di base, integrato con l’importo previsto per la componente d’inverdimento, l’agricoltore deve osservare su tutti i suoi ettari ammissibili quanto previsto dal greening, ovvero:
- Diversificazione delle colture (Art. 44)
- Mantenimento prati e pascoli permanenti (Art. 45)
- Introduzione di Aree di Interesse Ecologico (AIE) (Art. 46).
La diversificazione delle colture interessa solo le superfici a seminativo e si applica in funzione della superficie:
- fino a 10 ettari a seminativo, nessun obbligo di diversificazione;
- da 10 a 30 ha di seminativo: obbligo di due colture, con la coltura principale che copre al massimo il 75%;
- oltre i 30 ha di seminativo: obbligo di tre colture, con la coltura principale che copre al massimo il 75% e le due principali al massimo il 95%.
Sono inoltre escluse dall’obbligo di diversificazione a condizione che i seminativi non coperti da questi usi non superino i 30 ettari: le superfici interamente investite a colture sommerse per una parte significativa dell’anno (riso); le aziende con superfici a foraggio o maggese o prati permanenti superiori al 75%. Il requisito sul mantenimento prati e pascoli permanenti si sostanzia in due tipologie di vincolo. Per i prati permanenti che costituiscono zone di elevato interesse ambientale, vi è un divieto assoluto di convertire o arare tali colture. Questi zone sono ubicate sia all’interno che all’esterno della rete Natura 2000, nel secondo caso le zone sensibili devono essere individuate dallo Stato membro. Vi è poi una misura di salvaguardia che si applica a livello nazionale o regionale, fuori le zone sensibili, alla quale si ricorre soltanto nel caso in cui si dovesse verificare una riduzione della presenza dei prati e dei pascoli permanenti, in proporzione alla superficie agricola totale di più del 5%, rispetto a un valore di riferimento iniziale (che l’Italia calcolerà nel 2015).
Le AIE sono obbligatorie per le aziende con più di 15 ettari di seminativi, per almeno il 5% della superficie a seminativo. La soglia del 5% può essere aumentata al 7% nel 2017, a seguito di una relazione della Commissione. Sono escluse dall’obbligo di AIE a condizione che i seminativi non coperti da questi usi non superino i 30 ettari: le superfici interamente investite a colture sommerse per una parte significativa dell’anno (riso); le aziende con superfici a foraggio o prati permanenti, per oltre il 75% dei seminativi . Le AIE consistono in: terreni lasciati a riposo, terrazzamenti, margini dei campi, siepi, alberi, elementi caratteristici del paesaggio, fasce tampone, superfici oggetto di imboschimento, colture azoto-fissatrici, colture intercalari. Entro il 1 agosto 2014 gli Stati Membri (SM) avrebbero dovuto scegliere quali elementi considerare AIE. Un’interessante opportunità è offerta dalla possibilità di attuazione collettiva del requisito delle AIE, purché le aree di interesse ecologico siano adiacenti (1).
Per evitare di penalizzare quanti già adottano sistemi di sostenibilità ambientale, l’accordo prevede un sistema di “equivalenza d’inverdimento”, in base al quale si considera che alcune prassi favorevoli all’ambiente sostituiscano gli obblighi del greening. Rientrano in questa tipologia: gli agricoltori biologici; i regimi agro-ambientali che adottano misure equivalenti; sistemi di certificazione ambientale aggiuntivi (ad es. sistemi regionali) e i siti della rete Natura 2000 o altri siti di tutela della biodiversità limitatamente al requisito delle AIE.
L’introduzione delle pratiche equivalenti pone il problema di evitare il doppio finanziamento delle stesse. Pertanto se un determinato impegno assunto nell’ambito della misura agroambientale del PSR è utilizzato dall’agricoltore anche per soddisfare uno dei requisiti del greening, il premio agroambientale sarà decurtato, per ciascuna pratica greening sostituita, di una somma pari ad un terzo del pagamento medio nazionale o regionale per ettaro greening (2).
Se formalmente il greening non costituisce la baseline delle misure dello sviluppo rurale, di fatto, il calcolo dei pagamenti delle misure a superficie deve considerare, ove previsto (art. 28, 29 e 30; cfr. tabella 2), anche il principio del “non-doppio finanziamento” (oltre ai requisiti della condizionalità, ai requisiti minimi per i fitofarmaci e fertilizzanti, ecc.).
Il complesso quadro normativo viene poi completato dagli atti delegati e regolamenti di esecuzione dei nuovi impegni agroambientali e da altre scelte che gli SM avrebbero dovuto compiere entro l’estate.
Un elemento molto importante riguarda le sanzioni per il mancato rispetto degli impegni del greening. Infatti, dopo un periodo di transizione (2015 e 2016) in cui, la sanzione corrisponde alla perdita dell’importo per il pagamento ecologico, ai trasgressori recidivi, oltre alla perdita del greening, si applicheranno sanzioni fino al 20%, dell’importo del pagamento greening per l’anno di domanda 2017, e al 25%, a partire dall’anno di domanda 2018. Ciò significa che mentre per i primi anni il greening si configura come una sorta di impegno volontario, negli anni successivi, il suo mancato rispetto si traduce in una sanzione, seppur di modesta entità.
Le novità dello Sviluppo rurale
La programmazione 2014-2020 pone nuove sfide per lo sviluppo rurale (SR) legate ad una nuova architettura del sistema di governance delle politiche; a nuovi strumenti di programmazione (primo tra tutti l’accordo di partenariato per una maggiore integrazione dei fondi strutturali); alla programmazione di alcune misure a livello nazionale; a una struttura rinnovata con l’abolizione degli assi e l’introduzione di nuove o più incisive priorità di intervento, di focus area specifiche, articoli e obiettivi trasversali a tutto lo sviluppo rurale (Mantino, 2013).
Particolare attenzione, in questo quadro, viene riservata al clima e all’ambiente, che insieme all’innovazione, rappresentano uno degli obiettivi trasversali di tutto lo SR. Ciò si concretizza con la riserva del fondo, per cui almeno il 30% della dotazione finanziaria complessiva per ciascun PSR deve essere destinato agli interventi a favore dell’ambiente, dell’azione per il clima e della biodiversità.
Inoltre, ben due priorità su sei sono di stampo strettamente ambientale. La tabella 1 riporta le priorità ambientali in materia di sviluppo rurale e le relative focus area.
Tabella 1 - Le priorità dello sviluppo rurale e le focus area delle priorità ambientali.
Per quanto riguarda gli articoli di particolare rilevanza per raggiungere gli obiettivi delle priorità 4 e 5 e quelli trasversali a tutte le priorità (Tabella 2), meritano attenzione alcuni aspetti innovativi dei pagamenti agro-ambientali e della misura sulla cooperazione.
Tabella 2 - Articoli di particolare rilevanza per le priorità 4 e 5 e articoli “trasversali”
Un’altra importante novità è rappresentata dal fatto che il sostegno sia concesso non solo agli agricoltori, ma anche alle associazioni di agricoltori o alle associazioni miste di agricoltori e altri gestori del territorio. Inoltre, i pagamenti possono coprire anche i costi di transazione (3) fino ad un massimo del 20% del premio pagato per gli impegni ACA (30% se gli impegni sono assunti da associazioni di agricoltori).I pagamenti agro-ambientali (Art 28), rinominati agro-climatico-ambientali (ACA), a sottolineare l’importanza dell’azione per il clima nei PSR (Coderoni, 2013), continueranno ad avere un ruolo primario per il raggiungimento di obiettivi ambientali nella PAC. La logica di intervento rimane la stessa della passata programmazione, ma l’introduzione del greening, come accennato, determinerà un innalzamento, se non formale, sostanziale, della baseline degli interventi, portando ad aumentare la difficoltà della loro realizzazione, senza che a questo corrisponda un aumento dei premi.
Rilevante anche il potenziale ruolo della cooperazione (art. 35), che vede allargarsi il suo campo di applicazione per incentivare i rapporti tra due o più operatori della filiera agroalimentare e del settore forestale; tra soggetti che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi e delle priorità dello sviluppo rurale; per la creazione nuove reti e per finanziare i gruppi operativi PEI (Partenariato Europeo per l’Innovazione) in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura.
Questa più forte enfasi sugli approcci collettivi, non solo in campo agroambientale, deriva dal fatto che vengono riconosciuti i molteplici vantaggi che l’azione collettiva e la cooperazione possono apportare in termini di scambio di conoscenze ed esperienze, stimolo all’innovazione, sviluppo di nuove relazioni e sfruttamento di opportunità di mercato basate su interessi condivisi. Da un punto di vista ambientale, inoltre, è evidente che l’azione collettiva porti vantaggi in termini sia di efficacia del raggiungimento di obiettivi su scala territoriale, che di maggior partecipazione dei beneficiari nella definizione degli interventi.
Un esempio positivo in tal senso è rappresentato dagli accordi agroambientali d’area, un insieme di impegni sottoscritti dagli imprenditori agricoli di un particolare territorio, a fronte delle compensazioni effettuate sulle misure del PSR, per superare una specifica criticità attraverso l’azione di soggetti pubblici e privati che aderiscono ad un progetto condiviso. Già nella programmazione 2007-2013 la Regione Marche promuoveva la realizzazione di accordi agroambientali territoriali, funzionali a garantire un approccio territoriale integrato (Coderoni, 2014) e nella futura programmazione, questi avranno un ruolo ancora più rilevante (Bisogni e Fiorani, 2014).
Alcune considerazioni conclusive
Nel breve contributo proposto si sono voluti evidenziare alcuni aspetti delle misure per la sostenibilità ambientale nella riforma della PAC.
Sicuramente i beni e servizi ambientali hanno avuto un ruolo molto importante nel dibattito verso la nuova PAC ed alcuni importanti elementi introdotti ne sono una testimonianza, sia sul primo pilastro (greening), che sul secondo (la riserva del fondo, gli obiettivi trasversali dello SR e le due priorità ambientali).
Tuttavia, il dibattito è stato molto incentrato sul greening dei pagamenti diretti, la cui efficacia ambientale ed equità sono già messe in discussione.
Inoltre, la scarsità di risorse disponibili, sia sul budget PAC sia a livello territoriale, rischia di rappresentare un elemento negativo per la futura programmazione.
Sul fronte dello SR, certamente vi è una maggiore flessibilità riscontrabile nel passaggio dalla struttura ad ssi a quella in priorità ed una maggiore enfasi sulla necessità di incrementare l’efficacia e l’efficienza della spesa e raggiungere obiettivi specifici. L’introduzione del greening spingerà alla ricerca di soluzioni innovative per aumentare l’efficacia delle strategie agro-ambientali, ad esempio attraverso la gestione collettiva delle misure, cercando di superare le difficoltà nell’attuale programmazione a sviluppare progetti integrati legati all’agro-ambiente. In questo senso sarà importante progettare interventi che contengano anche misure orizzontali, azioni di cooperazione e coinvolgano i gruppi operativi PEI.
Note
(1) Per approfondimenti sulle stime sul numero di aziende potenzialmente interessate dal greening in Italia si vedano.: Vanni, 2013; INEA; 2014.
(2) Nel caso di greening individuale il regolamento dà anche la possibilità di calcolare la riduzione come un terzo del pagamento greening percepito dall’agricoltore interessato.
(3) Il costo di transazione è definibile come “un costo aggiuntivo connesso all'adempimento di un impegno, ma non direttamente imputabile all'esecuzione dello stesso”. È rappresentato da quei costi legati all'organizzazione di un'attività, e comprende, ad esempio, l'attività di informazione necessaria all'agricoltore per avviare uno schema di qualità.
Bibliografia
Bisogni L. e Fiorani S. (2014), L’approccio agro-ambientale nel nuovo PSR della Regione Marche, Agrimarcheuropa, 4, Settembre.
Coderoni S. (2014), L’accordo agroambientale d’area della Valdaso, in Vanni F (a cura di). Agricoltura e beni pubblici. Governance territoriale e politiche. INEA, 2014.
Coderoni S., (2013), Agricoltura e cambiamenti climatici: dalle politiche comunitarie ai Psr, AgriregioniEuropa anno 9 n. 35, Dicembre 2013.
INEA (2014), Gli impatti del greening in Italia, in fase di pubblicazione.
Mantino F., (2013), La riforma della Politica di sviluppo rurale 2014-2020, AgriregioniEuropa anno 9 n. 35, Dicembre 2013.
Vanni F., (2014), Verso una PAC più verde? AgriregioniEuropa, n.38, Settembre 2014, Associazione Alessandro Bartola, Ancona, ISSN: 1828-5880.
Vanni F., (2013). Il possibile impatto dell’applicazione del greening in Italia, AgriregioniEuropa anno 9 n. 35, Dicembre 2013.