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L’accordo d’area della Valdaso
Un esempio di approccio territoriale per l’azione agroambientale
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Agrimarcheuropa, n. 0, Dicembre, 2011
Introduzione
La capacità della nuova Politica Agricola Comune (PAC) di incentivare e valorizzare la conservazione delle risorse naturali in agricoltura è diventata ormai un elemento fondamentale di giustificazione del sostegno al settore. Infatti, soprattutto se parliamo di beni pubblici ambientali (1), che hanno una più stretta specificità agricola, la PAC ricopre un ruolo che le politiche ambientali lasciano scoperto, sia per mancanza di strumenti adeguati di regolamentazione, sia perché non sempre tengono conto del livello di jointness (congiunzione) che caratterizza il rapporto tra produzione agricola e ambiente. In particolare le misure agroambientali, nell’ottica di aumentare la sostenibilità ambientale del settore, senza pregiudicarne la redditività, dovrebbero servire ad adeguare progressivamente le pratiche agricole con l’aiuto dell’innovazione tecnologica, al fine di consentirne l’adozione, eventualmente anche in assenza di incentivi.
Tuttavia, mentre l’attuale dibattito sulla PAC è fortemente incentrato sulle misure di greening del primo pilastro, è necessario avviare una riflessione anche sulle prospettive future delle misure agro ambientali, tenendo conto anche dei fattori più critici riscontrati durante l’attuale periodo di programmazione. Nonostante l’inevitabile ridimensionamento di queste misure a seguito di una più consistente azione ambientale nell’ambito del primo pilastro, è comunque opportuno ragionare su una certa incoerenza tra la giustificazione teorica del sostegno e le misure volontarie, attualmente messe in atto.
In particolare, l’attuale dispersione degli interventi dovrebbe essere superata attraverso un’ulteriore concentrazione (targeting) su particolari aree territoriali o su obiettivi specifici. Infatti, come emerge da alcuni studi, un’implementazione più efficiente delle misure agroambientali attivate ad oggi nel contesto della PAC, potrebbe essere raggiunta adottando un approccio territoriale, per assicurarsi che il focus dell’azione si ampli oltre la singola azienda agricola, in un’ottica integrata per il raggiungimento di soluzioni sostenibili nelle aree rurali (Hart et al., 2011).
A questo proposito la progettazione integrata appare uno strumento di particolare interesse, poiché si pone l’obiettivo di aumentare l’efficacia degli interventi, passando dalla singola unità produttiva a progetti di tipo collettivo, allargando lo spettro di azione col l’integrazione di diverse politiche.
L’accordo agroambientale d’area della Valdaso rappresenta uno dei più interessanti tentativi, a livello nazionale, di progettazione integrata in campo agroambientale (2). Infatti l’accordo si pone proprio l’obiettivo di integrare le misure agro ambientali con altre misure della politica di sviluppo rurale, un pacchetto di misure che a sua volta si integra ad altre strategie territoriali, in un’ottica più ampia di sviluppo locale.
L’Accordo Agroambientale d’area della Valdaso
L’accordo agroambientale della Valdaso è un accordo agroambientale d’area per la protezione del suolo e delle acque dall’inquinamento da fitofarmaci e nitrati, attraverso il ricorso a metodi di produzione a basso impatto ambientale. L’accordo agroambientale rientra tra le tipologie di progetti territoriali che rappresentano una linea di azione innovativa dei PSR, prevedendo l’aggregazione territoriale al fine di raggiungere una maggiore efficacia dell’azione agroambientale.
Esso coinvolge sia istituzioni pubbliche che attori privati locali, attraverso una metodologia plurisettoriale e partecipativa, per raggiungere obiettivi comuni di sviluppo locale sostenibile, come la preservazione della qualità del suolo e delle acque, metodi di produzione più sostenibili e prodotti più sani.
L’area interessata dall’accordo è appunto la Valdaso, un vasto territorio che si apre, al centro del Piceno, lungo il corso del fiume Aso, dalle sorgenti nei monti Sibillini, fino alle spiagge dei comuni di Altidona, Pedaso e Campofilone e si divide tra la Provincia di Ascoli Piceno e quella di Fermo.
L’area delimitata (Figura 1) contiene il 50,4% di territorio considerato come Zona vulnerabile da Nitrati (ZVN) di origine agricola (così come individuato con Decreto DS n. 10/TAM del 10 settembre 2003).
Figura 1 - Limite del territorio dell'accordo
Fonte: Provincia di Ascoli Piceno
L’obiettivo principale fissato dall’accordo è di raggiungere in sette anni la riduzione degli impieghi di macroelementi (azoto, fosforo e potassio) di almeno il 30% inferiore rispetto ai massimi consentiti dalla normativa per le aree ZVN oggetto di intervento e la riduzione e/o sostituzione dei principi attivi a tossicità acuta e cronica, rispettivamente del 90% e 85%.
Le misure attivabili nell’ambito degli accordi agroambientali territoriali sono: la misura 111 relativa alle azioni formative e alcune sottomisure della 214 relativa ai pagamenti agroambientali, ovvero: la sottomisura a) azione 1)-produzione integrata; la sottomisura a) azione 2)-produzione integrata con difesa avanzata ; la sottomisura b)-agricoltura biologica e la sottomisura c) tutela e miglioramento dei suoli azione a)-inerbimento permanente.
La misura 111 sottomisura b) azione b) riguarda le azioni informative volte a far conoscere agli agricoltori le tecniche di coltivazione ed allevamento migliorative per l’ambiente e favorevoli alla tutela e valorizzazione del paesaggio rurale, finalizzate alla soluzione di specifici problemi territoriali. Il progetto si articola in azioni informative e divulgative ed in parallelo attiva un percorso di monitoraggio dei dati chimico fisici per attestare il raggiungimento degli obiettivi ambientali prefissati ed informare costantemente gli agricoltori dell’andamento dei monitoraggi e del loro risvolto applicativo.
La sottomisura relativa alla produzione integrata, prevede la concessione di un contributo a favore degli agricoltori destinato a ridurre l’impatto negativo dell’attività agricola sull’ambiente causato da tecniche di coltivazione intensive e ad aumentare la sicurezza alimentare (salubrità dei prodotti). La lotta integrata è una tecnica di produzione che consente di ridurre i residui di fitofarmaci nei prodotti agricoli e ridurre di conseguenza l’impatto ambientale, sul suolo e sulle acque. I principi fondamentali di questa tecnica sono: l’integrazione dei mezzi chimici selettivi con quelli biologici, agronomici e fisici; la limitazione massima all’impiego dei fitofarmaci; la valutazione delle presenze e dei cicli biologici degli insetti tramite campionamenti visivi e l’utilizzo di trappole per il monitoraggio. La produzione integrata con difesa avanzata utilizza inoltre il metodo della confusione sessuale (Figura 2) nella difesa dei fruttiferi (melo, pero, pesco e susino).
Figura 2 - Dispenser per la confusione sessuale
Fonte: Azienda Agricola Vagnoni
La durata temporale del progetto, inizialmente prevista per cinque anni, come la durata degli impegni, è stata prorogata a sette (3). Le aziende coinvolte il primo anno erano 82 per un totale di 257 ha di frutteto con lotta integrata avanzata. Negli anni successivi si sono unite altre aziende, ma in numero molto meno consistente, anche in considerazione che una condizione per l’accesso all’accordo, è che le superfici oggetto dell’aiuto ricadano nell’area delimitata in origine e che almeno 0,5 ha siano frutteti sottoposti alla tecnica di produzione integrata avanzata. Nell’ultimo bando, campagna 2011, comunque, altre 14 aziende hanno fatto domanda a valere sull’accordo Valdaso e sono attualmente in corso le istruttorie.
Il soggetto promotore dell’accordo è stato individuato nella Provincia di Ascoli Piceno, che, al tempo della presentazione del progetto esecutivo, era ancora unita a quella di Fermo. Nel 2009, con l’entrata in vigore della Legge 147 del 2004, è cambiata la mappa amministrativa del territorio, attualmente diviso dal fiume Aso in due province.
Gli artefici della nascita dell’accordo agroambientale sono proprio alcuni agricoltori, per la maggior parte riuniti nell’associazione “Nuova Agricoltura”, che già usavano queste tecniche a basso impatto e avevano ottenuto risultati positivi. Inizialmente seguiti da un tecnico dell’Assam (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche), hanno portato avanti qualche anno di sperimentazione nelle loro aziende. In seguito, anche spinti dalle sempre maggiori restrizioni all’uso di prodotti convenzionali da parte della normativa vigente, dall’aumentare dei costi relativi ai trattamenti da somministrare e dalle esigenze di salvaguardare la salute degli operatori stessi, si sono rivolti alla Regione per cercare di valorizzare il loro impegno nell’utilizzo di tecniche a basso impatto ambientale, che oramai avevano preso più piede. L’ipotesi prospettata è stata appunto quella di un accordo agroambientale d’area. La fase successiva alla predisposizione del bando, è stata quella che ha visto il coinvolgimento di nuovi agricoltori, sia da parte dei tecnici, che delle amministrazioni e soprattutto, dei produttori che avevano già sperimentato la tecnica. Poiché le superfici sottoposte all’impegno della lotta integrata con difesa avanzata sono di limitata estensione media aziendale (circa 3 ha), trattandosi delle sole colture a melo, pero, pesco e susino, l’approccio collettivo è apparso essenziale per avere un impatto significativo, anche perché l’efficacia delle tecniche proposte per la difesa, richiede una copertura territoriale senza (o con poche) soluzioni di continuità.
È stato attuato un programma di formazione per diffondere tra gli agricoltori coinvolti le tecniche da utilizzare e i benefici economici associati. In seguito, le pratiche sono entrate a far parte del bagaglio di conoscenze degli operatori, pur rimanendo fondamentale la diffusione delle informazioni tramite il bollettino emanato dal centro agrometeo locale dell’Assam. La diffusione dell’innovazione è stata facilitata da un meccanismo informale di scambio delle informazioni tra gli agricoltori e dalla presenza di un ambiente competitivo, ma collaborativo, in cui le relazione imprenditoriali si intrecciano con quelle sociali. La vicinanza delle aziende, per la maggior parte familiari, e la costante presenza del conduttore, fa sì che ci sia continuo scambio di informazioni, rendendo sempre meno necessari interventi “esterni”.
Nella fase iniziale il ruolo dei tecnici esperti dell’Assam è stato fondamentale perché, attraverso il rapporto di fiducia, hanno coinvolto e convinto gli agricoltori, in seguito, una delle caratteristiche principali dell’accordo è la reazione a catena che ha portato alla promozione tramite il passaparola con altri agricoltori interessati.
Un altro elemento che inizialmente ha aiutato a coinvolgere più agricoltori è stato certamente l’incentivo associato alle misure (214), anche se, ad oggi, molti si dicono intenzionati a continuare anche in sua assenza, avendo riscontrato benefici sia in termini di produttività, che di riduzione dei costi.
Il Centro Agrochimico Regionale di Jesi (AN) si è reso disponibile ad essere coinvolto nelle diverse analisi relative ai campioni rappresentativi di acque e suoli, nonché nel monitoraggio i prodotti ortofrutticoli per verificare l’eventuale migliore stato di salubrità, mentre il Centro Agrometeo locale si è attivato per informare gli agricoltori delle aziende seguite dai sui tecnici e, con il suo bollettino settimanale, fornisce all’impresa agricola le indicazioni necessarie alla corretta gestione agronomica delle colture e per la difesa fitosanitaria secondo metodologie a basso impatto ambientale (lotta integrata e biologica).
Il ruolo iniziale della provincia di Ascoli Piceno è stato importante per provvedere al coordinamento amministrativo generale, presentare il progetto di massima e coordinare la presentazione dei progetti definitivi da parte dei singoli beneficiari.
Il supporto offerto dall’amministrazione regionale, per la realizzazione del progetto attraverso il PSR è stato cruciale. Inoltre, l’accordo agroambientale Valdaso, essendo stato il primo della programmazione 2007-2013, ha rappresentato un’occasione per la Regione per testare le strutture amministrative e facilitare l’implementazione di nuovi accordi negli anni seguenti. L’approccio dell’accordo agroambientale d’area è stato poi replicato in altre aree delle Marche, con gli accordi per la tutela della biodiversità, avvalendosi dell’esperienza maturata e della risposta positiva degli agricoltori.
La Tabella 1 sintetizza i principali attori dell’accordo, a diversi livelli, da quello micro al macro e i rispettivi ruoli ricoperti.
Tabella 1 - Schema esemplificativo, relativo al caso di studio AAV
Risultati attesi e prime valutazioni
Non essendo ancora conclusi né il periodo di durata dell’accordo, né lo studio dello stesso, è prematuro parlare dei risultati raggiunti e proporre indicazioni di policy. I benefici attesi sono soprattutto quelli legati al ricorso alla lotta integrata, ovvero: la riduzione dell’impiego dei fitofarmaci nella coltivazione e quindi la maggiore tutela delle acque e del suolo, nonché i minori dei rischi per la salute dell’operatore; la riduzione dei fenomeni di resistenza nelle popolazioni dei parassiti e dei cali di efficacia degli antagonisti; il risparmio sui costi di produzione e il miglioramento qualitativo del prodotto.
Purtroppo l’attività di monitoraggio a causa dell’assenza di fondi specifici, ad oggi può offrire risultati solo sui residui sulla frutta. Il Centro Agrochimico di Jesi ha analizzato i campioni di 37 aziende, di cui 24 in confusione e 13 fuori confusione, evidenziando che in entrambi i casi i residui trovati nei campioni sono al di sotto del limite massimo consentito dalla legge, ma le aziende fuori confusione presentano una percentuale maggiore di campioni con tracce di residui (78%) rispetto ai campioni prelevati nelle aziende in confusione (57%). Inoltre, le aziende fuori confusione, hanno una percentuale maggiore di campioni che presentano più residui contemporaneamente (21% rispetto al 7% delle aziende fuori confusione).
Manca, ad oggi, una valorizzazione del prodotto finale attraverso la differenziazione con un’iniziativa di marketing, che segnali al consumatore queste differenze nei prodotti. Alcuni agricoltori si stanno muovendo in questa direzione, lavorando, insieme alle istituzioni, per creare una filiera locale, produrre in maniera standard e commercializzare insieme i prodotti. Il bando per le filiere si chiuderà a breve e per il futuro, la Regione, sta pensando di mettere insieme le due tipologie di accordo: una di tipo ambientale e una per la competitività sul territorio, in un’ottica di progettazione integrata per lo sviluppo territoriale sostenibile.
L’accordo agro-ambientale della Valdaso dimostra come il ruolo della programmazione e della progettazione sia fondamentale per offrire gli strumenti adatti, e come l’efficacia delle misure agroambientali sia maggiore quando queste vengono dal basso, ovvero nascono dagli attori locali e sono motivate da una forte convinzione del reale legame tra le pratiche agricole e l’ambiente. Evidentemente non un ruolo cruciale lo hanno gli attori deputati a facilitare il processo di apprendimento degli agricoltori all’interno dell’azione collettiva, quindi tecnici, ma anche istituzioni e amministrazioni locali, soprattutto quando non tutti gli agricoltori coinvolti hanno percezione del risvolto collettivo del loro agire. Nel caso analizzato, il fatto che la tecnica stessa produca maggiori risultati se applicata senza soluzione di continuità, fornisce di per sé una motivazione alla ricerca di un’azione collettiva, ma è evidente che anche le iniziative volte alla divulgazione dei risultati rivestono un ruolo rilevante per l’effettiva efficacia delle azioni intraprese. Anche il ruolo del monitoraggio appare essenziale e occorrerebbe che le politiche future, in un’ottica di progettazione integrata, prevedessero anche un finanziamento di tali azioni, poiché esse rappresentano l’effettivo collegamento delle pratiche e i risultati ottenuti, fornendo agli operatori l’evidenza scientifica degli effetti delle loro azioni.
L’accordo agro-ambientale della Valdaso conferma, infine, come il successo dell’agricoltura nella salvaguardia ambientale, vada ben oltre la competitività delle singole aziende, ma sia piuttosto legato alla competitività di sistemi agro-alimentari territoriali e alle strategie regionali, pubbliche e private, volte a rafforzare e salvaguardare la produzione agricola locale (Van Huylenbroeck, 2003).
Note
(1) La definizione di bene pubblico e la teoria della fornitura di tali beni esulano dagli obiettivi del contributo proposto. In questo caso intendiamo per beni pubblici ambientali, quell’insieme di risorse naturali che sono input e/o output congiunti della produzione agricola, come il paesaggio agricolo, la biodiversità, la qualità e disponibilità delle risorse idriche, la stabilità climatica, la tutela del suolo ecc. (Cooper et al., 2009).
(2) L’analisi dell’accordo agroambientale d’area della Valdaso è condotta nell’ambito del progetto di ricerca “Agricoltura e beni pubblici. Ri-orientamento delle politiche e governance territoriale” dell’INEA.
(3) Per le aziende che hanno aderito dal primo anno.
Riferimenti bibliografici
Cooper T., Hart K., Baldock D. (2009) The Provision of Public Goods Through Agriculture in the European Union, Report Prepared for DG Agriculture and Rural Development, Contract No 30-CE-0233091/00-28, Institute for European Environmental Policy, London.
Hart K., Baldock D., Weingarten P., Povellato A., Pirzio-Biroli C., Osterburg B., Vanni F., Boyes A. (2011) What tools for the European agriculture to encourage the provision of public goods, Study for the European Parliament’s Committee on Agriculture and Rural Development.
Meinzen-Dick R. e Di Gregorio M. (2004), Collective Action and Property Rights for Sustainable Development, 2020 Vision for Food, Agriculture and the Environment, Focus 11, IFPRI (International Food Policy Research Institute), Washington, D.C.
Provincia Ascoli Piceno, Accordo agroambientale d’area per la tutela delle acque e dei suoli da fitofarmaci e nitrati area Valdaso - Progetto esecutivo, 2009.
Schneider f., Fry P., Ledermann T., Rist S. (2009), Social Learning Processes in Swiss Soil Protection—The ‘From Farmer To Farmer’ Project, Hum Ecol, 37:475–489 DOI 10.1007/s10745-009-9262-1.
Van Huylenbroeck G., Durand, G. (Eds.) (2003), Multifunctional Agriculture: A New Paradigm for European Agriculture and Rural Development, Aldershot; Burlington, VT, Ashgate.
Ringraziamenti
Un doveroso ringraziamento va a: Lorenzo Bisogni, Sabrina Speciale, Silvia Fiorani (Regione Marche); Egea Latini (Provincia di Ascoli Piceno) e Fabio Sansonetti (Provincia di Fermo); Pio Gemignani e Gianfranco Vagnoni (agricoltori); Maddalena Canella (Centro agrochimico Assam-Jesi); Avelio Marini (assessore all'agricoltura della provincia di Ascoli Piceno, ai tempi della nascita dell’accordo).